Cosa ci spinge a scrivere? Un semplice bisogno egoico-narrativo o piuttosto la necessità terapeutica insita in questa nobile attività? Ma soprattutto perché ogni mentecatto che calpesta questo misero sassolino chiamato Terra deve per forza, prima o poi, spaccarci i coglioni con una insostenibile autobiografia di 600 pagine di cui non si sentiva assolutamente il bisogno? E perché, si-ste-ma-ti-ca-men-te, questi personaggi si credono il nuovo Proust di turno? Chi gliel’ha data la patente di scrittori a questi imbecilli? Non si rendono conto che non si stanno coprendo di gloria, ma, nella migliore delle ipotesi, di ridicolo? Non hanno un minimo di dignità?
La risposta è ovviamente “no”, non se ne rendono conto, o forse lo fanno proprio col masochistico fine del ridicolo. Pur di ottenere le luci della ribalta, anche per solo cinque minuti, sono disposti a tutto, anche a costruirsi una gogna letteraria ed esporsi al pubblico ludibrio.
In ogni caso, si tratti di grandi autori o scrittori della domenica, di un bisogno egoico-narrativo o di catarsi-scrittoria, il risultato è sempre lo stesso: che ogni opera letteraria trasuda riferimenti biografici ad ogni pagina: siano essi il camuffamento di eventi realmente accaduti o l’attribuzione a loschi personaggi dei nostri più torbidi desideri, siano essi semplici aspirazioni o grandi, irrealizzabili sogni; siano esse cocenti delusioni o grandi vittorie. Tutte vengono buttate nel calderone tipografico per la gioia (o la disperazione) dei lettori. E l’autore si mostra nudo, ridicolmente nascosto dietro il pudico, rinsecchito, dito dell’arte.
A questo punto la questione si fa seria: a quali di queste categorie io appartengo? Quali sono le mie intenzioni?
Ebbene: IO sono un grande scrittore della domenica, che scrive per la gioia terapeutica che questa attività gli provoca. Ma non mi nascondo dietro nessun dito artistico: sono un esibizionista, nevrotico, a cui piace raccontare i cazzi propri. Tutto qui.
N.b. Per chi non lo avesse notato, oggi è Domenica.