Un paio di anni fa il bar d'angolo, sotto casa mia, è stato acquistato da una coppia di cinesi, con un figlio nato da poco. Credo che all'inizio questo sia stato percepito - dai negozianti della via - come un segno dello sgretolamento del loro piccolo cosmo, della loro comunità, della loro radice identitaria.
Camminando per strada, quando giravo l'angolo, iniziavo a contare i passi che separano il bar dagli altri negozi, percependo però una distanza emotiva molto maggiore di quella fisica. Una distanza siderale dall'edicola della signora che rimpiange i tempi "in cui c'era lui", e dal macellaio burbero poco più in là.
"Soliti cinesi, che imparano giusto le tre frasi che servono per vendere, ti ricoprono di sorrisi untuosi, ma poi espandono il loro mondo a scapito del tuo: Subdoli invasori". Questo leggevo nei loro occhi. Negli occhi della giornalaia sempre incarognita "con i neger" e del macellaio taciturno, con l'ossessione dei ladri.
Però quei ragazzi hanno imparato l'italiano, hanno varcato la soglia degli "esercizi commerciali" dei loro vicini, e chiacchierato con loro. Giorno dopo giorno hanno creato una piccola falla nel sistema di pensiero che li vedeva diversi...
Il bimbo intanto in questi due anni è cresciuto. E io non me ne sono nenche accorto. E' diventato un treno inarrestabile che corre avanti e indietro, ridendo spensierato come se fosse sulla riva del mare e non su un marciapiede. Con un sorriso così puro che ti apre il cuore in due.
E stasera, uscendo di casa, ho visto una scena che aveva tutte le sembianze del miracolo (almeno per questa Italia incarognita). Ho visto il bambino che mi correva incontro, e ho visto la giornalaia acida e il macellaio burbero che si sono affacciati (ma in realtà erano già lì pronti) per far finta di bloccarlo. Lui rideva come un pazzo facendo lo slalom tra di loro, e sul viso dei due vecchi ho visto sbocciare un sorriso che aveva il sapore della serenità. Un sorriso così non glielo ho mai visto in sei anni che abito in questa via (a dire il vero non li ho mai visti sorridere, punto).
In quel momento ho realizzato che quel piccolo "cinese" è a tutti gli effetti loro nipote. Quello che porterà avanti la cultura, la storia, l'identità di questa via. Non i loro veri nipoti italiani coi loro macchinoni.
Guardando quel bambino ho capito che mi sono perso anni di questa città, perso sempre dietro a qualcos'altro...
Ora lo straniero sono io.
N.b. stamattina mi e' arrivato un messaggio da un'amica di nome Liana: "[la tua riflessione sul bambino] e' molto simile a quello che ho pensato io due settimane fa quando l'ho sentito chiamare 'nonna' la giornalaia, mentre spulciava allegramente tra i giochi in regalo con le riviste" (!!!!)
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