15 maggio 2008

Gli Ombronauti

Sottotitolo: "breve" memoria di una discesa dell'Ombrone, ovvero, l'epico racconto delle italiche gesta di due deficienti. Protagonisti: "il Nostro1" (Bradipo) e "il Nostro2" (Paolo Miana), come da manzoniana memoria.

Periodo: Primavera 2006

Preambolo (1): Il fiume Ombrone scorre per circa ottanta chilometri da Siena verso il mare, lambendo Grosseto. La zona tra Siena e Grosseto e' per la maggior parte disabitata: boschi, campi sporadici e ancor più sporadici paesini usciti dalla fantasia di "Non ci resta che piangere". Detto per inciso: il titolo per la discesa potrebbe essere proprio questo. Sottotitolo: "Ombrone 1, Ombronauti 0". Ma quella del fiume e' stata una vittoria di Pirro come argomenterò in seguito.

Materiale usato: una canoa gonfiabile biposto modello "Helios 380", due pagaie (non smontabili, argh!), due salvagenti, una buona dose di incoscienza ed imperizia, un quantitativo di materiale assolutamente spropositato per la scarsa capacità della canoa stessa. Optional richiesto: voglia di mettersi nei guai.

Piano: due giorni di discesa per raggiungere il mare. Sosta in tenda lungo le sponde del fiume con cena a base di salsicce arrostite sul fuoco e Tavernello in bricco.

Preambolo (2): Esterno giorno, un pomeriggio fottutamente afoso nell'estrema periferia di Milano (dopo, solo risaie e discariche abusive). Zoom sulla faccia di un pirla (il Nostro1) che si aggira per le strade con sorriso ebete, praticamente fagocitato da uno zaino grosso il doppio di lui. Nessuno può immaginare che tale zaino contenga una canoa di 3 metri e 80 centimetri appena comprata da una simpatica cinquantenne col marito sovrappeso. Il sogno (o incubo) ha inizio.

Un paio di giorni dopo: lo stesso individuo si aggira per luoghi dimenticati da Dio (ma non dall'afa e dagli insetti) alla ricerca di un posto da cui partire. Il livello dell'acqua sembra buono e il fiume navigabile. Pianificazione attenta dei possibili punti di rendez vous su cartina comprata per l'occasione (visto quanto solitarie e selvagge sono le zone). Altro inciso: la zona tra Siena e Grosseto e' talmente disabitata che non esistono in commercio cartine escursionistiche della zona, quindi il Nostro si deve accontentare di una mappa 1:200000. Risultato: se non avesse avuto il suv della madre sarebbe diventato pasto per cinghiali e altri ungulati in qualche forra.

Arrivo del Nostro2. Tutto sembra pronto. Ma subito compiono il primo errore: invece che fare la prova bagagli la sera prima della partenza si ubriacano e vanno a gozzovigliare in quel di Petriolo. Cotti e ubriachi tornano a casa felici. La mattina dopo la madre del Nostro1 pensa bene di finire in ospedale (come se non ne avesse avuto abbastanza). L'impresa per un attimo sembra a rischio. Ma i Nostri non desistono.

Caricata l'auto si muovono solerti verso Pari (anche se sull'auto erano in dispari, secondo errore)

Partenza da Molino di Pari, a sud di Siena, vicino a Petriolo. Un mulino abbandonato in mezzo al nulla. Destinazione: MARE.

Appena gonfiata la canoa i Nostri si rendono conto che c'è posto per un terzo del materiale portato. La tenda e' la prima a farne le spese. Per il resto uno zaino legato alla meglio raccoglie tutto ciò che non può stare nei vani a prua e poppa. Con una canoa che sembra più una chiatta della raccolta rifiuti (tutto il materiale e' stato avvolto in triplo strato di sacchetti di plastica per prevenire possibili inzuppamenti, accorgimento che solo in parte e' servito) i Nostri partono. Dopo 200 metri si fermano a cambiare i posti (il timoniere, o colui che sa timonare facendone le veci, e' meglio che stia dietro) e a sistemare il materiale, visto che pagaiare con le ginocchia in bocca non e' facile. Un airone si alza in volo come a salutare con un felice augurio l'impresa (altri sostengono che si sia alzato in volo facendo le corna di scongiuro appena visto il mezzo).

Terzo errore: la canoa non e' stata battezzata prima della partenza. Senza un'anima non potrà dare una mano agli Ombronauti. Il varo con bottiglia di vetro invece e' stato - giustamente - evitato. Salto in avanti di 15 ore: di fronte a una salsiccia sugosa e due coppini bruciati dal sole: "Potevamo chiamarla Pamela!" (in onore dei canotti della famosa attrice).

La discesa si presenta presto per quello che e': lunghi tratti di acqua assolutamente piatta in cui bisogna pagaiare per andare avanti, alternati a piccole rapide che, se rifornite da abbastanza acqua e non sbarrate da tronchi caduti, si dimostrano divertenti. Purtroppo queste sono solo una piccola parte del totale e quindi bisogna passare a piedi. Primo punto di sclero dopo circa mezz'ora: il fiume gira a gomito su una rapida con poca acqua. L'unico punto di corrente veloce e profonda in cui si potrebbe passare e' bloccata da un albero. Di fronte a loro un muraglione di cemento per prevenire erosioni (di non si sa bene cosa, visto che si intravedono solo alberi e radure). I nostri decidono di tagliare per la pietraia con grosso sforzo. Il Nostro2 si procura il primo strappo di una lunga serie.

Prime grattate sul fondo e prima fermata per svuotare l'acqua accumulata nel fondo della canoa. La chiglia della stessa si presenta assolutamente integra (con grosso solievo dei Nostri). Un paio di rapide con rimbalzi su tronchi condite da urletti divertiti. Nota del Nostro1: dalla postazione posteriore la canoa si presenta molto più manovrabile, purtuttavia resta un torpedone su una mulattiera.

Fermata per pranzo a base di salametti e formaggio su un'ansa del fiume. Padre del Nostro1 che chiama. Un qualche ripetitore ha fatto per un attimo sentire il suo segnale. Bestemmie per il momento magico rotto dal trillo tecnologico.

Poco dopo la ripartenza i primi segnali dell'imminente incubo. Tratto di fiume assolutamente piatto con alberi che si piegano sull'acqua e liane. Parallelo con la scena di Apocalypse Now in cui Martin Sheen, poco prima di arrivare nel regno di Kurtz, vede la carcassa di un elicottero in fiamme incastrato tra i rami. Dissolvenza sul fiume Ombrone e sul volto dei Nostri - che ripetono lo stesso gesto di girare il capo con espressione allucinata - mentre sulla loro destra appaiono i resti di una canoa pneumatica incastrata tra i rami a tre quattro metri sopra il livello dell'acqua. A giudicare da come e' dilaniata, la corrente doveva essere molto forte e i precedenti Ombronauti non se la devono essere vista bene.

Man mano che proseguono l'orizzonte si apre e il fiume si allarga, le divisioni del fiume in coppie di rami si moltiplicano (con problemi connessi di navigabilità). I Nostri dimostrano un'innata capacita' nel scegliere sempre il ramo sbagliato, quello con minor portata.

E siamo al primo punto di svolta. Rapida veloce e profonda che fa una curva secca sulla destra. "Fica! facciamola" "Si, dai!".

Quarto errore: una curva non si affronta come in moto, piegandosi sull'interno. Complice zaino che sbilancia la canoa i due finiscono impietosamente ribaltati dopo aver imbarcato mezzo metrocubo d'acqua. Tirata velocemente la canoa in secca ci si tuffa per recuperare il materiale che se va con la corrente. Una pagaia sembra scomparsa. Dopo attente ricerche viene ritrovata a un metro di profondità incastrata tra i rami di un albero abbattuto.

Il Nostro2 da qui in poi avra' un terribile mal di testa dato da pagaiata involontaria del Nostro1 durante la caduta. L'orecchio si gonfierà in bolla violacea. Proseguono per breve tratto con l'acqua alla vita tirando la canoa sotto una ola di alberi e liane che sfiorano l'acqua. La Cambogia e' un luogo di villeggiatura al confronto.

Un altro capottamento seguirà nel giro di un'ora. Decisione di fare merenda in un punto tranquillo del fiume per riprendersi. Arrampicata su sponda verticale e terrosa di circa 5 metri (che sembra il muraglione di un fortino) per vedere dove si trovano. Segni di civiltà! Uno sconfinato campo di grano giallo si apre alla vista e un cascinale a circa un paio di chilometri di distanza. Sole torrido. I boschi sembrano (sembrano!) finiti per il momento. Se non gli si fossero bagnate le cicche nel ribaltamento, il Nostro1 potrebbe anche godere di tale vista.

Ridiscesa la sponda con abile balzo si arrende al fatto che il fiume continuerà a scorrere in questa sorta di trincea naturale (almeno per lunghi tratti). Pesci delle dimensioni di barracuda fanno capolino a pelo d'acqua prendendo il sole. Le loro pinne meriterebbero la colonna sonora dello squalo.

Altra sosta per permettere al Nostro2 di riprendere confidenza con l'acqua dopo la tremenda botta. Scoperto il principio di galleggiamento su cui si basano i salvagenti. Accettato da un punto di vista strettamente razionale ma non emotivo.

...Eppure quando la nostra vita e' nelle mani dei soli sciagurati che ci stanno attorno, e nulla o nessuno può venire a recuperarci e a rimboccarci le coperte dandoci il bacino della buona notte, allora scopriamo delle energie che non pensavamo di possedere...

Ristabilito il feeling col millantato timoniere esperto di kayak (il Nostro1), la canoa ballerina e il fiume traditore, i due suggellano il patto dei veri Ombronauti e Frittolari cospargendosi amabilmente di crema solare (nota per la madre del Nostro1 che in ospedale col cuore debole stava in apprensione: suo figlio NON e' omosessuale!).

Incrociato pescatore: "mancano ancora una decina di chilometri a Monte Antico" (primo punto per un possibile rendez vous). Un ritardo pauroso sulla tabella di marcia! L'incubo appare ora più chiaro.

Dopo un'altra mezz'ora una grossa isola in mezzo al fiume fiacca la resistenza dei nostri: il ramo buono e' completamente bloccato da un boschetto intero che ha deciso di farsi il bagno proprio li'. Sono costretti a seguire a piedi, sotto il sole rovente, il ramo mezzo secco usando la poca acqua per far scivolare la canoa invece di doverla portare a spalla. Dopo circa un chilometro i due rami si ricongiungono.

Arrivo dalle parti di Monte Antico, che domina da una collina poco distante (solo 3-4 chilometri!). Una specie di Eden a pelo d'acqua. Invece che fermarsi per fare asciugare la roba e preparandosi per la notte decidono di proseguire ancora un po'.

E questo e' stato forse il punto di svolta finale: subito dopo il primo ponte della ferrovia (punto di riferimento preciso lungo il percorso) a causa di una manovra avventata del timoniere la canoa si ribalta per la terza volta. E questa volta le riserve di acqua potabile se ne vanno facendo "ciao ciao" con la manina. Sconforto. A questo punto devono raggiungere il punto di rendez vous (Stazione di Monte Antico) prima di notte. Con le orecchie basse si dirigono verso il punto di recupero che quasi non avevano preso in considerazione durante la pianificazione, tanto era "vicino" alla partenza. Una ventina di chilometri appena. Poi il successivo sarebbe stato ad altri venti: impossibile raggiungerlo. In mezzo, come al solito, il nulla.

..."Alfa Tango, Alfa Tango, qui bravo Charlie. Siamo nei guai, i musi gialli ci attaccano da tutti i lati. Mandateci il Napalm e mandate anche la fanteria dell'aria a recuperarci al campo base"...

Il passaggio lungo un piccolo canyon dalle pareti alte e dolci sembra quasi confortare i Nostri. Ma sanno che sarà dura trovare un approdo (un conto e' quello che racconta una mappa 1:200000 su possibili strade che passano vicino al fiume, altra cosa e' la realtà).

Il fiume si apre in una specie di anfiteatro dalle pareti di roccia. Spettacolo mozzafiato (forse a causa delle loro menti annebbiate). Un imbuto con un salto di mezzo metro circa rappresenta il passaggio obbligato di uscita dall'anfiteatro. La portata e' buona. Il Nostro1 vuole provare il passaggio, il Nostro2 lo manda giustamente a cagare e passa a piedi. Il passaggio si rivela molto piu' facile del previsto e di estremo divertimento. Il Nostro2 impreca per gli urltetti divertiti dell'amico.

Arrivati al secondo ponte ferroviario. Un dislivello di 3 metri li obbliga a un bestemmioso passaggio a piedi. Livelli di cottura impressionanti.

Inizia la ricerca, durata circa un'ora, di un possibile approdo. Consultando la cartina riescono più o meno a capire dove sono. Con una "camminata" lungo le sponde boscose (e piene di rovi) riescono a trovare, finalmente, la Stazione di Monte Antico con relativo "approdo"...

Il posto e' una piana ricoperta di campi di grano con due cascinali e stazione delle Fs. La tratta e' a binario unico e senza elettricità. Passano si' e no 1 treno al giorno. Si raggiunge solo con una strada sterrata. L'approdo e' una sponda quasi verticale di circa 5 metri con motopompa per l'irrigazione dei campi.

Ormai al volgere della sera, quando i colori si fanno pastello e l'aria fragrante, i due mettono infine piede - esausti - sulla terraferma. La cavalleria dell'aria giungerà circa un'ora dopo a recuperare i naufraghi.

Nota dell'autore (1): e' incredibile come gente, che passa la sua vita sul divano e la cosa' piu' avventurosa che fa e' andare in auto a comprare il giornale la domenica mattina, sia capace di dare consigli sul modo migliore di affrontare e organizzare una discesa in canoa.

Nota dell'autore (2): Il padre del Nostro1 paga pegno alla ragazza del Nostro2 per la scommessa persa: Recuperati alla fine del primo giorno e al primo punto di rendez vous.

... ma l'esperienza accumulata e' tanta, e viste le condizioni del fiume i due se la sono cavata più che bene (e contando solo sulle loro forze). La voglia di fare il culo al sacro fiume e' ora piu' viva che mai nei loro cuori...


Alla memoria di Alberto Miana, che diede i natali ad uno degli Ombronauti e diede loro la rabbia e la gioia per vincere il fiume.

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