16 maggio 2008

Posti di Blocco, Ken, Lo.

Periodo: 22/02/08
Fonte: la mia moleskine

[…] Tra i molti appunti che ho preso (più che altro mail che ho scritto) non ho ancora segnato le prime, forti impressioni dell'attraversamento dei territori occupati, nella notte del 15. Abbiamo deciso di raggiungere il Mar Morto da nord, percorrendo prima la 1 da Gerusalemme e poi svoltando sulla 90, lungo la West Bank.

Prima annotazione: una strada nel deserto, percorsa di notte, non dà l'impressione di spazi sconfinati, ma di "non luoghi". E i posti di blocco dei militari (agli incroci o alle fermate degli autobus) non sono altro che avamposti in mezzo al vuoto. Come in una sorta di mito della frontiera trasposto nel "sociologico asfittico del medio oriente" (d'altronde gli arabi non sono certo gli indiani o dei barbari sconosciuti, e queste terre non hanno l'estensione della frontiera americana, anche se nominalmente sono nel "West").

I posti di blocco emergono all'improvviso dal nulla denso e umido della notte. Il primo lo abbiamo incontrato subito dopo aver imboccato la 90, direzione En Gedi. Giovani ragazzi imbacuccati nella divisa e in cappellini di lana colorati, molto più giovani di noi, con una tremenda espressione da uomini. Tremenda per la sua limpidezza ed ineluttabilità.

(Ma tu li hai mai visti questi militari ai posti di blocco? E' impossibile giudicare. Non sono militari. Sono ragazzi svaccati sotto la tettoia della fermata: sembra che aspettino l'autobus. Ragazzi a cui hanno dato in mano un fucile, lasciando che l'ambiente ostile li rendesse uomini… all'occorrenza. Che scattano in piedi e cambiano espressione appena vedono i fari di un'auto avvicinarsi…)

Senza sapere esattamente dove cada il confine di queste terre. Un limbo vuoto e conteso (surreale nella notte). D'altronde non si sa mai dove cadono i confini in questi luoghi, neanche quelli del bene e del male; del giusto e dello sbagliato. Perchè non si possono spostare trecentomila persone con un tratto di penna. Sei città di Trento da abbandonare e ricostruire nel giro di una notte.

(Poi ci sono i sorrisi di Bernardo e le sue sabbie mobili, le epiche scalate di Milen alla conquista di Masada e di un bagno. I colori del deserto all'alba e l'improbabile perdersi, con Eddie Vedder nelle orecchie)

Questa terra non è "ken" o "lo", ma lei stessa e il deserto vogliono che tu lo sia. Una tuta militare, un cappello di lana, un viso da ragazzino (e un gesto fugace): "ken" invece di "lo" e un sogno durato (atteso?) vent'anni che si realizza. Nella progenie (e nel volto guardingo del soldato che si rilassa in un sorriso).

Terra destinata (maledetta?) a essere di tutti e di nessuno. Per i miei genitori e per me bambino questa terra è stata "lo". Ora è "ken" per me e i miei compagni di viaggio. Per chi ci abita la risposta è la stessa, e sempre diversa, ogni mattina. Aspettando i missili da Nord, spostando ogni giorno i confini un po' più in là. Tutti vittime di un fatalismo che ha due sole parole, indifferenti: "Ken", "Lo".

Ken = Si'
Lo = No

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